04/12/14

"la vita è come andare in bicicletta. Per mantenere l'equilibrio devi muoverti" A. Einstein

      Saper fare alla perfezione quello che vi viene richiesto e detenere il sapere specialistico, sono ancora la chiave del successo ? L'era industriale, il cui trend è in declino, premia la capacità di auto-orientamento e l'essere “artisti”, unici ?

       Il mondo è continuamente in cambiamento e ci troviamo di fronte, questa volta, a un salto di discontinuità, ad un punto di non ritorno, oltre il quale la situazione non sarà più come l'abbiamo conosciuta. La messa in discussione e in moltissimi casi la crisi, del modello della grande industria ha sconvolto l'intero sistema attorno al quale si sono costruite le vite di innumerevoli generazioni. 
     Finora esisteva un patto tacito di questo genere: le grandi organizzazioni si prendevano cura degli individui: posto fisso, a tempo indeterminato, università che garantiva uno sbocco occupazionale certo e sicuro, carriera programmata, pensione ecc. In cambio di puntualità, disciplina, stabilità. Ora questo accordo, per svariati motivi, è saltato, come possiamo quotidianamente osservare. 

     Il sistema è fortemente destabilizzato e offrire le stesse cose, le stesse qualità, operare le stesse scelte, non garantisce più i vantaggi di un tempo. Questo può costituire un'enorme e catastrofica minaccia oppure può essere l'apertura di uno spiraglio, di un'opportunità. Quale ? 
       Quella di provare a svolgere il lavoro che ci piace davvero, di considerarlo non come una condanna da sopportare fino ad un'illusoria età della pensione, ma una dimensione della vita in cui esprimersi pienamente, in cui liberare e dispiegare quel genio che c'è in ciascuno di noi. Quella di trasformarci da vittime in avventurieri, abbandonando la paura e quell'immobilità in cui aspettiamo vanamente che qualcuno si occupi di noi, per provare a tracciare autonomamente la nostra strada personale, creando valore per noi stessi e per gli altri. 
     Le organizzazioni che anche in questo momento critico sanno prosperare hanno compreso che quando non si sa come sarà il futuro, non servono tanto le persone che hanno interiorizzato il modello industriale, quello degli ingranaggi standard e intercambiabili, ma occorrono persone chiave che sanno fare la differenza nelle situazioni lavorative che si sono create o in cui sono collocate. Che sanno far succeder le cose senza troppe istruzioni o procedure e sanno instaurare e mantenere relazioni ricche di valore e di umanità.


      Nelle nostre occupazioni abbiamo bisogno di diventare artisti, ma non nel senso classico e stereotipato del termine. Mentre i lavoratori delle industrie lottano per sopravvivere, sono coloro che manifestano qualità “artistiche” (es. spontaneità, rispetto degli altri, creatività, sensibilità, cura della qualità ecc) che sanno distinguersi , essere speciali, creare qualcosa di cui val la pena di parlare ed utilizzare, che hanno successo e soddisfazioni.  
     Questi temi, che vengono affrontati, discussi e sperimentati concretamente all'interno dei miei percorsi di sviluppo personale, partono tutti da due punti ineliminabili:

  • il riconoscimento del proprio talento
  • l'allargamento della propria zona di comfort

    Nel linguaggio comune con “ talentosi definisce un’abilità che connota in maniera singolare un individuo con dei tratti eccezionali. In realtà è piuttosto un’energia creativa che vive dentro ciascuno di noi. Vi si può accedere in qualsiasi momento se ci si impegna e il suo impiego permette di manifestare la propria vera natura, portandoci verso la piena autorealizzazione. Il talento è quel tratto distintivo che ci caratterizza, che ci definisce, ci rende unici: è la nostra carta d’identità esistenziale. Scoprire questo potenziale intimo e assecondarlo, permette di trovare in se stessi tutte le risorse per seguire la propria strada, per risvegliare la motivazione , far appassionare gli altri e diventare carismatici, dei leader anzichè dei follower.


      La “comfort zone è una condizione mentale in cui la persona agisce in uno stato di assenza di ansia, in un'area di sicurezza, dove tutto è tranquillo, noto, senza grandi sorprese, con un livello di prestazioni costante e senza percepire alcun senso di rischio. Una condizione di familiarità e confidenza in cui la persona si trova completamente a proprio agio, in totale relax. Può essere una zona di passaggio in cui ricaricare le batterie e ripartire, ma più spesso diventa uno stile di vita che evita tutto ciò che può arrecare dolore, uno spazio di protezione, una trappola che ci ingabbia nelle certezze per paura di cambiare, ma che ci fa perdere un sacco di opportunità e ci impedisce di apprendere e svilupparci continuamente.

     L'abilità di conoscere e utilizzare il proprio talento e di allargare conseguentemente la comfort zone, sono il punto di partenza per sviluppare quelle capacità indispensabili per affermarsi nella attuale società dell'interconnessione in cui ci si chiede essere se stessi, in continuo movimento e in continua espansione!

     Certo non c'è scritto da nessuna parte che chiunque decida di migliorare le proprie competenze diventi sufficientemente bravo per quello che vuole fare. I nostri progetti, le nostre idee potrebbero non piacere a quello che chiamiamo mercato. Ma ciò non significa essere un perdente, potrebbe essere che vi state dedicando al campo sbagliato o in modo prematuro o inefficace oppure … 

     Comunque vi rimarrebbe la soddisfazione di averci provato e il successo interiore a volte lo si misura non dalla meta raggiunta ma dal modo in cui abbiamo percorso la strada.

Caminante no hay camino, hace camino el andar”     Antonio Machado

08/10/14

Come allargare la zona di comfort ?

Stare nella nostra zona di comfort, quella in cui ci sentiamo completamente a nostro agio, nel nostro nido, ci fa sentire al sicuro. Ma siamo certi che è ancora così ?!
In realtà restare  sempre nell'area della tranquillità significa essere a rischio, perchè la zona del comfort e quella della sicurezza non coincidono più, si stanno separando l'una dall'altra !
Che fare quindi ? Non è sufficiente uscire una volta ogni tanto oppure sempre, come recita uno slogan famoso "la tua vita inizia dove finisce la tua zona di comfort " (Neale Donald Wash)
Occorre impegnarsi per ampliare la comfort zone e riallinearla con la safety zone. Più la comfort zone è estesa, più aumenta la tua autostima, più sei sicuro di te stesso
Nonostante siano due concetti diversi, ancora adesso le due zone sono spesso considerate erroneamente sinonimi. Per comfort zone si intende quella condizione mentale che genera abitudini, comportamenti e stile di vita, secondo cui la persona cerca di agire sempre in uno stato di sicurezza, dove tutto è rassicurante, noto, familiare, senza grandi sorprese, che permette un livello di prestazioni costante e non fa percepire ansia e alcun senso di rischio.
La safety zone  è quell'area in cui ogni tanto ci avventuriamo (prendiamo il coraggio di parlare in pubblico, decidiamo di seguire un nostro sogno, cambiamo un fornitore abituale, iniziamo una campagna di marketing con un nuovo consulente, avviamo un'attività in proprio, ci iscriviamo a un corso di patristica medioevale ! ecc) perchè è lì che troviamo quelle opportunità e quelle situazioni necessarie per progredire.  A volte siamo noi a deciderlo, a volte è il contesto che ci spinge/obbliga a farlo.
Quando le cose si fanno più difficili, per noi o per la nostra impresa, la zona in cui operare con maggior sicurezza non coincide più con la zona in cui stiamo comodi. E' tempo di alzare l'asticella ed uscire. Uscire o ingrandirla ?

Ma poi perchè ingrandirla se stiamo così bene al calduccio ?! Perchè questi confini che ci autoimponiamo creano un senso di falsa sicurezza, sono limitanti e perchè nella società attuale, la "connection economy", diventano controproducenti e pericolosi.  E poi perchè  nella comfort zone non c'è spazio per l'avventura, per l'apprendimento, per l'adrenalina ! "Nell'uomo primitivo ciò che era confortevole era sicuro. Le rivoluzioni separano ciò che è confortevole da ciò che è sicuro. La cosa più sicura che possiamo fare è stare uncomfortable per il tempo che ci possiamo stare"  Seth Godin
Ciò che prima era sicuro (il posto di lavoro fisso, Il Servizio Sanitario Nazionale, cercare un'occupazione presentando solo il CV formato europeo, gli studi nell'Università vicino a casa, la pensione ecc) sono davvero ancora sicuri ?! Oppure la zona di comfort si è separata dalla zona di sicurezza e le due non coincidono più ?  
Gli ostacoli che ci frenano nell'uscire dalla comfort zone li abbiamo costruiti noi stessi nella nostra mente. Li abbiamo ingranditi a dismisura fino a farli diventare dei muri che ci proteggono ma ci impediscono di esplorare e svelare nuove parti di noi stessi. Spesso queste barriere, queste protezioni le abbiamo erette per paura di mostrare agli altri chi siamo davvero, cosa desideriamo, la nostra unicità: per non essere diversi dalla maggioranza.
Per non tradire noi stessi dobbiamo trovare quelle caratteristiche che ci contraddistinguono all'interno de: il limite inferiore (comfort zone) in cui siamo immobili e il limite superiore (per il momento !), quel punto in cui sentiamo seriamente in pericolo il nostro status (fisico, mentale, psicologico, sociale, emotivo ecc)
Il workshop Job Trainer in Val di Ledro
Dobbiamo fare una cosa più volte per farla entrare nella nostra zona di comfort e quindi, per espanderla, non dobbiamo fare latro che uscirne costantemente, ascoltare le emozioni provate e riflettere su ciò che abbiamo imparato.
Il punto  più delicato di un metodo di solito è il punto di partenza. Da dove iniziare ? Spesso non siamo realmente consapevoli di quali sono i nostri comfort point, proprio perchè sono diventati abitudini, che non mettiamo mai in discussione. Traendo spunto dagli studi di Nossrat Peseschkian ho individuato uno schema che trovi qui su slideshareslideshare che puoi vedere e scaricare, e che sto sperimentando con soddisfazione nelle mie attività di coaching.

Possiamo leggere tutti i libri che vogliamo o frequentare tutti i seminari tenuti dagli speaker più accattivanti, ma se non ci dotiamo di un buon metodo per riallineare la nostra comfort zone con la nostra attuale safety zone e non facciamo il primo passo concreto per metterlo in pratica, tutto ciò servirà a poco.
KEEP MOVING FROM COMFORT ZONE TO CHALLENGE ZONE ! 


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02/03/14

Il dialogo interiore e la Comunic - Azione

   Don Juan" ...è mentre parliamo a noi stessi che scegliamo le nostre strade..." Una realtà separata, 1974,Carlos Castaneda.
   Noi comunichiamo continuamente: se non con gli altri, con noi stessi. Quando riflettiamo, quando pensiamo, quando vediamo un oggetto e lo riconosciamo dandogli un nome, quando ci diciamo "io sono fatto così" oppure "non ce la faccio", quando ci poniamo delle domande, quando interpretiamo ciò che ci accade ecc  
   Spesso non ci accorgiamo neppure di questi auto-messaggi o perchè sono troppo veloci o perchè sono sempre gli stessi e sono diventati un'abitudine, un rumore di fondo, un automatismo.
   Ma perchè è importante essere consapevoli di ciò che ci diciamo interiormente ? 
   Questo dialogo interno definisce il nostro stato d'animo, le nostre emozioni, quale idea abbiamo di noi stessi e degli altri. Il processo che utilizziamo per attribuire significato a ciò che accade, lo possiamo definire percezione e influenza il nostro modo di essere e di relazionarci, diventa la base delle decisioni che prendiamo e di come comunichiamo.  
   Dì a te stesso che anche questa volta sarai ansioso e lo diventerai. Oppure, stai aspettando un collega, è in ritardo e :
  • ti dici " è la dimostrazione che non gliene importa niente di me", con il risultato di irritarti e quando lo vedrai, ti comporterai in modo stizzito o freddo e distante
  • ti dici " meno male, ne approfitto per rivedere i documenti che gli illustrerò", con il risultato di sentirti tranquillo e ti comporterai poi in modo assertivo e concreto
   Senza entrare qui nel merito dei fattori che influenzano la percezione personale (es. i valori, le credenze, la cultura ecc) è evidente che per relazionarci in modo efficace con gli altri, si deve partire dall'osservazione e dal miglioramento di come parliamo con noi stessi, la comunicazione intrapersonale.
   Ad es. la vocina che sentiamo nella testa e che ci dice i pensieri, le sensazioni, le azioni, appartiene a noi stessi o al ruolo, anzi ad uno dei ruoli che ricopriamo nella società (es. studente, capo ufficio, mamma ecc) ? e a quale macro-categoria appartiene ?:
  • l'eternamente preoccupato
  • il criticone
  • la vittima
  • il perfezionista
  • ecc
E come porvi rimedio ? Sai usare la tecnica ADOC ?:
 Affermazione  -  Domanda  -  Controaffermazione positiva ?

  Questi saranno alcuni dei temi che affronteremo concretamente, con esercitazioni, nella giornata d'apertura del workshop del 22 marzo e che puoi vedere clikkando qui: la Comunic-Azione


18/01/14

L'Open Talent Economy produce nuove opportunità di lavoro?

     "What the Open Source model did for software, make it more global, participatory, and innovative, the Open Talent Economy is doing for work". Questa è l'affermazione con cui Andrew Liakopoulos apre la ricerca della Deloitte University in cui si investigano le modifiche create al mercato del lavoro dall'Open Talent Economy.
Lo studio si è soffermato in particolare sulle nuove modalità che le aziende devono attivare per attrarre e trattenere i talenti e contemporaneamente quanto non siano più dilazionabili nuovi modelli di apprendimento.
     L'Open Source Talent è una persona che collabora con altri a creare servizi o prodotti, mettendo in comune le proprie alte competenze, lavorando per lo più in remoto, tramite Internet, senza vincoli o legami esclusivi con le aziende. A volte anche senza compenso economico: sono famosi gli esempi di Linux, Wikipedia, The Document Foundation ecc. Solitamente appartiene a comunità online aperte a chiunque voglia parteciparvi e a chiunque sia alla ricerca del loro talento e delle loro capacità.
Ad es. TopCoder.com è una di queste, una comunità online di sviluppatori di software che si aggregano attorno a progetti lanciati da aziende come Facebook, General Electric o Batch Blue Software ecc. 
Esistono anche aree di "online market place", in cui piattaforme specializzate come Elance.com oppure oDesk.com favoriscono l'incontro tra questi freelance e le imprese, permettendo l'inserimento di CV o la ricerca di professionisti o lanciando competizioni per trovare la miglior soluzione a problemi che un'azienda sta affrontando.
      Questo fenomeno sta raggiungendo numeri ragguardevoli poichè non sempre le aziende vogliono o possono permettersi di assumere in pianta stabile queste figure professionali e perchè spesso queste figure professionali non desiderano lavorare per una sola azienda, preferendo la libertà di muoversi senza vincoli sul mercato, per soddisfare un loro bisogno di libertà, di sfida e di crescita personale.
Negli USA il numero dei lavoratori indipendenti si aggira attorno ai 17 milioni e le previsioni stimano che saranno 65-70 milioni nel 2020, cioè circa il 50% della forza lavoro. Con alcuni settori, ad es. Università e College, in cui la percentuale degli addetti a tempo pieno già ora è scesa attorno al 39%. In Italia i dati non sono facilmente aggregabili, uno studio della CGIL del 2013 stima attorno agli 8 milioni il numero di partite IVA aperte, di cui circa 3,5 milioni di professionisti non regolamentati, con attività individuale.
     I dati e la tendenza a crescere fanno facilmente intuire come anche in Italia nel prossimo futuro questo fenomeno avrà numeri importanti. Creando due situazioni : richiederà nuovi modelli di apprendimento, di collegamento tra studio e lavoro e aprirà nel contempo nuove opportunità, temporanee o definitive, di lavoro. 
     Relativamente al modello formativo, l'Italia è uno dei Paesi, in Europa, fanalino di coda per la capacità di favorire la contemporaneità di studio e lavoro, soprattutto durante le vacanze estive. Questi due momenti vengono per lo più considerati rigidamente separati e sequenziali: un tempo in cui si studia e POI un tempo in cui si lavora. 
Così facendo, i ragazzi al termine degli studi, quando arrivano a lavorare si trovano di fronte un universo sconosciuto. Se l'avessero incontrato prima, avrebbero potuto verificare e comprendere meglio le loro aspirazioni, sperimentato e quindi capito meglio gli aspetti teorico/metodologici imparati a scuola e avrebbero anche rafforzato la loro autostima.
     Del resto già ora la ricerca di lavoro tramite il WEB è una realtà e l'Open Source Economy è un'opportunità.
Con Internet a costo quasi zero, una connessione veloce comunque spesso la si possiede, e con Paypal a no cost,  c'è l'eventualità di sperimentarsi in nuove forme di lavoro, affrontare un mercato, tradurre le proprie passioni in fonte di entrata, espressione di sè. 
QUI' ci sono alcuni esempi di queste nuove possibilità, rivolte ai giovani ma non solo, che vanno dalla possibilità di pubblicare ebook sugli argomenti che meglio si conoscono, sui propri hobby, oppure tesi di laurea, vendita online, partecipare a contest informatici o sviluppo di software ecc. In Internet girano case study famosi come ad es. quell'appassionato di canti gospel che con un sito in cui spiega come anche un profano può sperimentarsi in questa disciplina raggiunge fatturati di parecchie migliaia di US dollari all'anno. Il suo segreto: utilizzare un linguaggio e un metodo non professorale, ma mettersi dalla parte di chi non vuole frequentare il Conservatorio, ma imparare concretamente, in modo semplice e veloce, passo passo affiancato da chi come lui ha la stessa passione ed è partito dallo stesso livello. 
Inoltre Internet fornisce un'altra opportunità: se si parla l'inglese o lo spagnolo o il portoghese allora il mercato raggiunge davvero confini molto estesi.
     Come al solito, i salti di discontinuità, i cambiamenti significativi, offrono pericoli ed anche opportunità, sta ai singoli non delegare a nessuno le soluzioni e assumersi il rischio, il divertimento, la sfida, di provarci.









11/01/14

Fatti, credenze e aspettative

Frammenti di una chiacchierata di inizio 2014
"Impara a vedere ciò che vedi"
     Essere consapevole di ciò che vedi tu e non di ciò che vedono gli altri è il primo passo per essere indipendenti e resistere ai condizionamenti della cultura, della società, della civiltà.
     Accorgersi e stupirsi di ciò che sta attorno a noi con pazienza e costanza, per arrivare a vedere noi stessi senza gli occhiali appannati.
     Estrarre dallo sfondo i singoli oggetti,  le situazioni, le relazioni, facendole diventare "figura" e "sfondo" . Per sfuggire le aspettative psicologiche che gli altri hanno sul nostro ruolo, per essere individui (in-dividuo) che si caratterizzano nella massa per la loro unicità, individualità,  specificità.
    Perchè solo imparando ad essere soli (non solitari) si può davvero essere in un gruppo, in una comunità, in modo generoso.

24/07/12

Hai trovato o inventato un lavoro? Elogio delle moleskine

Bene, finalmente hai trovato un lavoro o addirittura te ne sei inventato uno. E hai deciso dentro di te che per qualche anno questa sarà la tua occupazione principale !  Hai terminato la fase in cui entrare  in ufficio scatena le farfalle dentro lo stomaco, ora sai dov'è la macchinetta del caffè, la fotocopiatrice, la toilette e la segretaria del capo ricorda il tuo nome. Cominci a chiederti cosa e come fare per trarre profitto dalle tue giornate. E' giunto il momento di utilizzare le moleskine (o similari, meno costose)
Ecco quattro suggerimenti che la letteratura americana sul management chiama "tips for your personal success while working":
  1. Ogni giorno impara qualcosa di nuovo: con buona pace dei nostri amici yankee è di chiara derivazione greca ! Comunque è vero: educare se stessi è il primo passo per avere successo (qualunque cosa significhi per te). In ogni giorno c'è sempre qualcosa di nuovo da imparare, e da insegnare. Chiedi agli altri cosa ha funzionato per loro. Però occorre determinazione e costanza nel cercarlo, notarlo e, suggerisco io,  di prenderne nota. Sì, le moleskine possono servire anche per scriverci cose di questo tipo. Basta una frase, "un rigo appena". E una volta che hai conquistato l'argomento che stavi imparando, alza l'asticella e vai alla ricerca di qualcosa di più sfidante. Non credo alla teoria che si impara soltanto uscendo dalla zona del comfort e nella sofferenza (mi richiama alla mente stare inginocchiati sui chicchi di grano) però è indubbio che per allenarsi devi aumentare i pesi. E' solo una questione di misura.
  2. Circondati di eccellenza: se cerchi di lavorare e frequentare persone che per qualche aspetto sono migliori di te, non soltanto apprendi ma ti motiverai a superarli. Stressante ? Avrai notato che se c'è una cosa che soddisfa, è avere attorno qualcuno che fa affidamento su te perchè sei diventato competente. E stai alla larga da arroganti, presuntuosi e maleducati. Anche se tecnicamente capaci. Di solito sono persone che hanno una concezione kleenex dei rapporti umani: usano e gettano. 
  3. Insegna qualcosa a qualcuno: insegnare è il miglior modo per approfondire ciò che si sa. E' un atto di generosità oltre che di rafforzamento della propria autostima. Ti obbliga ad avere un metodo, fare sintesi, sintonizzarti sull'altro, imparare a comunicare con chi è diverso da te e ad alzare la famosa asticella. Si potrebbe definirlo un regalo a se stessi più che un atto di generosità !
  4. Dialoga con te stesso: non farti sommergere dal rumore di fondo. Ogni tanto ricordati e imponiti di fare "il punto nave". A quale livello sei arrivato? Dove vuoi andare adesso? Cosa ti attira? In cosa sei unico? Se non sei tu a tracciare la rotta, qualcun altro lo farà per te. E' vero, tante scoperte avvengono per caso, serendipity,  si finisce in America convinti di andare in India, ma una cosa non può mancare: attenzione all'esterno e centratura su se stessi.